Get this now | Harold Roux

Ci ho messo un po' a farmi piacere I capelli di Harold Roux. Le prime venti pagine sono state lette con un naso un po' troppo arricciato. Il naso da "ah, sì? Che bravo". Ma non perché alla fine tutto si riduce a una mastodontica operazione metaletteraria. Ma perché trovavo indigesto lui, Aaron. Poi ho capito, si trattava della Sindrome Clara Oswald
La Sindrome Clara Oswald recita "se non ti piace un personaggio è perché non riesci ad accettare che in parte ti assomigli". Esattamente. Quando l'ho capito ho divorato il libro. In realtà vi do un consiglio, non divoratelo, prendetevela con calma. Ma io non dormo la notte, qualcosa dovrò pur fare. 


La storia di Aaron Benham è la storia della sua controparte cartacea Allard Benson, protagonista del romanzo che sta scrivendo, "I Capelli di Harold Roux". Romanzo che ammette essere in parte autobiografico (del resto impossibile celare la somiglianza tra lui e il suo alter ego). Allard è disinvolto, apolitico, intraprendente e sprezzante. Ma nella storia di Aaron c'è anche il romanzo che sta scrivendo lo stesso Harold Roux, bigotto, ingenuo e talmente insicuro da portare un parrucchino dopo aver perso i capelli in guerra. Ma poi c'è la storia che Aaron stesso racconta ai suoi figli prima di dormire. 
L'impressione che si ottiene non è comunque quella delle scatole cinesi, non si tratta di una semplice matrioska da aprire e aprire di nuovo. È una visione che prende vita, una scena che continua ad allargarsi, ad accettare esseri umani e scelte che vanno avanti o vengono interrotte, e in fondo si tratta di un'unica vita, un'unica esperienza più o meno reale.

Sembra passare in realtà pochissimo tempo, come se si trattasse di una lunghissima giornata, un lungo discorso che Aaron tiene con sé stesso, riguardo alla crescita e alle scelte sbagliate, alle paranoie, riflettendo sul tempo che vive e che ha vissuto.
C'è la ricerca di un senso, di un fine, mettendo accanto storie e relazioni umane, e quello che succede mentre le osservi (o mentre vuoi far finta di non vedere).




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